Nella mia esperienza costruire un personal brand solido è fondamentale nel nostro settore. Ho visto in prima persona, nel mio piccolo, quanto possa essere importante e questo sia nella vita da freelance che da dipendente.
Da freelance non devo quasi più spiegare cosa faccio o dimostrare che sono competente in materia. Chi mi contatta già lo sa e tutto quello che rimane è capire se c’è un match rispetto al tipo di cliente che cerco. E ripeto, non posso certo dire di essere una personalità di spicco o simili ma mi sono ritagliato il mio orticello di autorità che mi consente di scegliere i clienti.
Anche da dipendente ho notato delle differenze. Mi sembra che la mia opinione sia maggiormente ascoltata e di avere molte più possibilità di prima di sedermi ad alcuni tavoli. Se hai un’esperienza simile puoi capirmi.
E dai benefici che ti ho appena elencato ho volutamente escluso quello fondamentale a cui arriveremo più avanti. Devi solo avere un attimo di pazienza.
L’articolo di oggi nasce dalla volontà di condividere con te quanto ho imparato da quando ho iniziato questo viaggio, nella speranza che possa aiutarti a costruire un tuo personal brand.
Non mi dilungo oltre, entriamo nel vivo.
Se sei nel settore da un po’, sicuramente ti avranno già frantumato l’anima con la rava e la fava del personal brand ma da alcune chiacchierate fatte di recente credo ci sia confusione sul tema.
Per quanto mi riguarda, il personal brand non è un mero strumento da utilizzare per acquisire nuovi clienti o autorità in un settore specifico. Mi sembra una visione molto povera. L’autorità è solo una conseguenza.
Il personal brand per me, alla sua essenza, è uno strumento di crescita personale e professionale. Questo è il vero beneficio che ho sperimentato in prima persona in questi 2 anni che ho cominciato a lavorare nel costruire il mio.
Il perché è molto semplice: per costruire un personal brand devi creare valore. E creare valore ti fa crescere. Molto velocemente.
Il come decidi di creare valore sta a te ma la strada più comune, che ho scelto anche io, è molto semplice e riassumibile in una parola: contenuto.
Se mi segui dagli albori sai che in una delle prime edizioni della newsletter consigliai di leggere “L’almanacco di Naval Ravikant”, uno dei libri che mi ha spinto a iniziare questo percorso.
Il passaggio che più mi ha stupito è che secondo Naval, l’unico modo per generare davvero ricchezza (nel senso più ampio possibile) è portare valore alla società senza vincolarlo all’utilizzo del proprio tempo. Proprio quel valore così centrale nel personal branding.
In passato esistevano solo due leve per riuscirci: forza lavoro e capitale. Oggi invece se se sono aggiunte altre due:
Se ci pensi è vero. L’unico modo per riuscire a scalare il proprio impatto è slegare i risultati dal tempo che dedichiamo in prima persona alle attività. E i modi per farlo sono limitati ma comunque più alla portata di tutti rispetto al passato.
La mia scelta è stata semplice. Di coding conosco giusto le basi, non avevo capitale e sicuramente nemmeno forza lavoro. Mi rimaneva solo una strada, creare contenuti.
Da questa consapevolezza ho creato quella che è la strategia di personal branding che uso ancora oggi e che mi ha portato molto più di quello che avrei mai sperato.
Si compone di pochi pilastri:
Ed è proprio il creare contenuto che mi ha fatto crescere come professionista perché mi ha costretto a studiare, ragionare e rielaborare informazioni che magari già avevo ma non mi erano così chiare o non avevo ancora fatto mie.
Ti racconto gli ultimi due punti velocemente prima di passare al dettaglio della mia content strategy.
Hai mai sentito parlare dell’effetto alone? È un bias cognitivo per il quale la percezione di un tratto è influenzata da altri tratti della stessa persona od oggetto.
Riportato al nostro caso significa che se ti associ a persone di valore sarai ritenuto anche tu come tale. E questo per quanto riguarda l’esterno. A livello personale invece questo tipo di associazione ha diversi vantaggi.
Se ti circondi di persone di valore ti confronterai con loro, imparerai da loro e crescerai. Un win win quindi da sfruttare al massimo sia per crescere che per mostrarsi e raggiungere più persone posizionandosi in modo naturale.
Nel collaborare con professionisti di qualunque settore devi però tenere a mente che esistono due tipi di relazioni:
Come caso concreto per il secondo punto potrei citarti le interviste a Federico e Francesco. Sono due professionisti con molta più esperienza di me da cui ho imparato tanto e che sono riuscito a coinvolgere nel creare un contenuto prendendomi il grosso degli oneri nel scrivere ed editare la conversazione.
In qualche modo è collegato a quanto appena detto ma in questo caso non si tratta per forza di creare contenuto assieme o collaborare su progetti, quanto più di conoscere persone e farsi contaminare.
Non c’è modo migliore di viaggiare se non farlo insieme. Se riesci a creare connessioni vere con le persone del tuo stesso settore ne guadagnerai sia umanamente che professionalmente aumentando passaparola e opportunità.
In questo caso il modo migliore è non avere paura di buttarsi in nuove conoscenze, partecipare a eventi di settore ed essere il più aperto e disponibile possibile.
Arriviamo però ora al centro della strategia.
L’obiezione principale che mi fanno i miei amici quando provo a spronarli a creare contenuti è che ci vuole tanto tempo. Verissimo se vai a casaccio e non hai in testa una strategia chiara, meno vero se usi il buon senso.
Partiamo dalle basi. Ci sono 4 step che devi seguire nella creazione di una content strategy efficace che ti porti a costruire un personal brand solido:
Sono gli stessi che nel 2023 mi hanno consentito di raggiungere più di 1.000.000 di impression su LinkedIn, 5.800 follower, 6.000 visite al sito e 600 iscritti alla newsletter. Che per uno che partiva a gennaio senza blog, newsletter e con 2.200 follower su LinkedIn mi sento di dire non è malissimo (sì è un flex ma concedimelo).
Vediamoli tutti uno per uno.
Esattamente come faresti se dovessi occuparti del marketing di un’azienda, il primo step è capire chi è il tuo target di riferimento e quali sono i suoi bisogni.
Crea delle vere e proprie personas con quanti più dettagli possibili. Età, interessi, livello di esperienza, settore.. Insomma hai capito. Una volta fatto questo prova a chiederti:
Ti tornerà tutto incredibilmente utile nel momento in cui dovrai andare a creare i contenuti.
Una premessa, esistono due tipologie di canali:
Provo a farti un esempio per rendere chiara la differenza. Un blog è un canale di content consumption, LinkedIn è un canale di content discovery. Da una parte ci sono persone che hanno un bisogno informativo specifico e vogliono dedicare tempo per soddisfarlo mentre dall’altra ci sono persone che stanno scrollando il feed senza un obiettivo specifico.
La stessa differenza può esserci su posizionamenti diversi della stessa piattaforma come per esempio su YouTube.
Tendenzialmente l’obiettivo dei canali di discovery è appunto farsi notare, catturare l’attenzione e reindirizzare l’utente a contenuti di approfondimento che si troveranno sui canali di content consumption.
Con questo in testa chiediti:
Nel mio caso il canale di discovery che ho scelto è LinkedIn perché sono più bravo a scrivere che editare video o audio ed ero sicuro che il mio target fosse presente.
Come canali di consumption invece ho scelto proprio il blog che stai leggendo. Ripeto, la scelta di quali canali presidiare, una volta che ti sei accertato che il tuo target è presente, è completamente libera e dipende dalle tue inclinazioni personali.
Le piattaforme cambiano continuamente e non hai garanzia che ciò che funziona oggi continuerà a farlo anche domani. Costruire un’audience solo su canali dove non hai il pieno controllo significa non avere alcun tipo di assicurazione sul futuro.
L’algoritmo di LinkedIn cambia (è una cosa che sto affrontando proprio ora) e da un momento all’altro i contenuti che prima andavano bene ora li vedono molte meno persone. Google decide di cambiare la modalità di ranking degli articoli e ti ritrovi dal giorno alla notte con il traffico organico dimezzato.
Il rischio è quello di veder andare in fumo tutto. Ecco perché ti serve capitalizzare l’attenzione che generi su questi canali tramite un canale di fidelizzazione. Nel 99% dei casi si tratta della mail ma potrebbe essere un gruppo telegram o un gruppo whatsapp.
Il punto è portare le persone più in linea con il tipo di valore che porti a condividere un loro contatto diretto con te, così da poter controllare in tutto e per tutto la narrativa. Se sei arrivato a leggere questo articolo dalla newsletter sai già che canale ho scelto. L’ho aperta proprio per questa ragione.
Volevo avere un canale che mi consentisse di costruire una relazione diretta con la parte di audience più affezionata così da avere un’assicurazione nel caso altri canali come LinkedIn decidessero di cambiare le regole del gioco.
Chiaramente devi rendere vantaggioso per chi ti segue fare questo passo. Nel mio caso la promessa è molto semplice:
Insomma hai capito. P.s. se non sei iscritto in fondo trovi il form per farlo.
A livello di struttura di canali è proprio come se stessi lavorando su un classico funnel.
Bene, ora che hai trovato il target, capito i suoi bisogno e scelto tutti i canali non ti resta che iniziare a produrre contenuti. Qui il consiglio è di partire sempre a creare il contenuto dei canali di consumption e quindi il contenuto long form.
Questo perché è molto più semplice passare dal long form allo short form spacchettando il contenuto che l’inverso. Nel mio caso seguo questi passaggi:
Et voilà, da un singolo articolo ho tirato fuori 7/8 post in men che non si dica. Da questa struttura poi le possibilità sono infinite.
Un processo snello ma strutturato che è molto flessibile e agnostico rispetto al media. Io non solo lavoro da dipendente ma ho anche clienti freelance e una vita (circa). Ti assicuro che se riesco io con questa strategia puoi farcela anche tu.
Nella mia esperienza ho sbagliato tanto e continuerò a farlo. Quello che segue è un elenco di errori sparsi che ho fatto e che spero di evitarti:
Spero che sia consigli che ti possano risparmiare gli stessi mal di testa che ho avuto io.
Potrei andare avanti per ore a parlare di personal brand e non è detto che un giorno non rifarò un articolo che va ancora più in dettaglio della mia strategia e di come creo velocemente i contenuti (fammi sapere se ti interesserebbe).
Le basi però le hai già tutte:
E poi goditi il viaggio. Tra numeri e crescita personale l’obiettivo dovrebbe essere il secondo. Il personal branding non serve a pompare l’ego ma a crescere come professionisti e persone.
Direi che anche per questo giovedì è tutto. Se hai dubbi o domande scrivimi, mi farà piacere aiutarti!
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