Prima di addentrarti nel leggere questo articolo introduttivo ai Marketing Mix Models mi sembra giusto chiarire un paio di punti:
Una visione utilitaristica, di chi utilizza i Mix Model alla pari di uno strumento come gli altri. In grado di aiutarci nel prendere le migliori decisioni per ottimizzare le campagne e scalare i business nostri e dei nostri clienti.
Se invece sei un Marketer come me, penso che troverai tutto molto interessante (per dirla alla Rovazzi).
Se sei abituato a lavorare su account che spendono poche centinaia di euro al giorno o che hanno poco storico, sappi che non è una strategia che puoi applicare nell’immediato.
Detto questo, ancora interessato? Partiamo!
L’ho già detto in parte ma lo ripeto: un Marketing Mix Model è un modello di intelligenza artificiale costruito per capire in che modo le varie attività di marketing stanno guidando le metriche aziendali di un prodotto.
Viene utilizzato come strumento decisionale per stimare l’efficacia dei canali e delle iniziative di marketing allo scopo di massimizzare il ROI (ritorno sull’investimento).
Analizzando metriche di business e di marketing, un Mix Model inizia a distinguere contributi incrementali (attività promozionali e di marketing) e organici (raggiunti senza alcuno sforzo pubblicitario).
Abbiamo quindi:
Questa prima macro distinzione è importante per capire il ragionamento alla base di un Mix Model: cercare di trovare la configurazione di allocazione budget migliore per massimizzare i ritorni delle nostre attività.
Per fare questo il primo passo è isolare i contributi dei singoli canali e assegnare ad ognuno un peso definito rispetto al risultato raggiunto.
Le tre categorie appena descritte vengono poi divise in sotto-variabili e fattori che influenzano le performance.
Rappresentano tutti i canali di marketing che entrano a far parte del media mix utilizzato dal brand e possono essere divise in diverse tipologie.
Hanno la funzione principale di aumentare la brand awereness e la familiarità nel target di riferimento. Tendenzialmente sono canali che portano risultati nel medio-lungo termine e necessitano di budget elevati per essere efficaci.
Sono gli evergreen del digital marketing come Google e Facebook Ads, Email marketing, SMS, Amazon Ads. Ne fanno però parte anche scontistiche, coupons etc.
Quello che ora viene comunemente detto marketing omnichannel, che se nel 2022 non è ancora la norma è un problema. Attività di brand building e di performance dovrebbero andare in parallelo.
Sono influenzate da diversi fattori extra marketing come l’andamento del mercato, stagionalità, tasso di crescita economica, sentiment dei consumatori e molto altro.
Alcune delle più impattanti sono:
Comunica in modo esplicito il valore del prodotto e può avere logicamente un impatto diretto sulle performance e trovare lo sweet spot non è semplice.
Vengono introdotte variabili come assortimento (n°unità disponibili) e quella che viene definito “time on shelf” ovvero il tempo di permanenza sugli scaffali e quindi la velocità di rotazione del prodotto.
Una forte strategia di distribuzione è essenziale per scalare il business e spesso è quello che frega e-commerce o brand che si affacciano al mondo CPG.
Posso portarvi però la mia esperienza diretta nel finance e dirvi che anche i prodotti finanziari hanno delle stagionalità ben precise (in agosto per far aprire un conto fai prima a urlare in piazza Duomo).
Per stagionalità intendiamo anche periodi come il BFCM, Natale e simili dove la propensione all’acquisto dei consumatori cresce.
Il tessuto economico è soggetto a diverse variazioni che impattano in modo decisivo sulle tendenze d’acquisto, sulle customer journey e sui touchpoint di acquisizione.
Pensate a quanto è successo con il covid o a quanto sta succedendo con la crisi economica scatenata dalla guerra in Ucraina. L’inflazione porta le persone a dover fare delle scelte che saranno indirizzate a soddisfare i bisogni di prima necessità e solo successivamente rivolte a prodotti o servizi accessori.
Come detto derivano dall’impatto a lungo termine delle attività di marketing e dall’interazione con fattori esterni.
Per citare le principali:
Per citare nuovamente Apple, se gli iPads fossero il prodotto di gran lunga preferito dagli utenti probabilmente le vendite dei MacBook ne risentirebbero.
Tutto molto bello. Hai visto quali sono le principali variabili che concorrono nella costruzione di Marketing Mix Model ma alla fine, quali sono i vantaggi?
E soprattutto la possibilità di slegarsi dai metodi di attribuzione delle diverse piattaforme. Quello che serve a un Marketing Mix Model non sono infatti il numero di conversioni attribuite a Facebook o a Google.
Servono invece i budget di spesa dei singoli canali, le loro variazioni e l’andamento delle vendite preso dai dati di backend.
Incrociando i ritmi di spesa dei vari canali, le variabili che abbiamo citato prima e il risultato verificato sui dati di vendita effettivi si può risalire all’allocazione budget di maggior efficienza possibile.
In un mondo dove tracciare le conversioni diventa sempre più complesso, il Marketing Mix Model è uno dei candidati principali per sopperire a queste mancanze.
Ecco perché presto saranno molto più utilizzati che in passato e rappresenteranno una fetta importante del futuro dell’advertising.
Se sei interessato a comprenderne di più ti rimando a questa bella serie di lezioni su YouTube tenuta da Hybrida Marketing che ti farà capire in dettaglio il ragionamento che sta alla base dei Marketing Mix Model.
Sei arrivato fin qui quindi probabilmente questi argomenti ti interessano. Non perderti nessuna novità, iscriviti alla newsletter e rimani al passo!
Alla prossima!
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