Customer journey mapping, customer experience mapping, consumer journey mapping… insomma, la gente ha un po’ i suoi termini preferiti per definire un concetto che alla fine è sempre lo stesso: mappare il percorso che un cliente compie nella relazione con il brand.
E per relazione intendo tutte le tappe che lo portano dalla prima volta che vede il brand fino a diventare un cliente fidelizzato, un ambassador e infine (si spera molto in là nel tempo) mestamente churnare e staccarsi.
Oggi ti racconterò perché è importante, come approccio io il tema e quali sono gli errori che anche io ho fatto in passato e che dovresti invece evitare.
Come sempre, partiamo dal fare un po’ di chiarezza a livello di definizione.
Se come me sei appassionato di storia e di marketing sai già che questa fantomatica mappatura è stata nominata per la prima volta nel 2009 in un approfondimento di McKinsey che introdusse concetti che ancora oggi molti faticano a capire ma che sono la chiave per avere successo sul lungo periodo.
Da allora il concetto è stato tradotto in mille salse e nel tempo molti lo hanno frainteso quindi partiamo dal definire cosa non è:
Mi spiego meglio. Mappare la customer journey non ti servirà a nulla se una volta fatto non la tradurrai in azioni concrete (e credimi che accade più spesso di quanto uno pensi) o se ti limiterai a seguire modelli e rappresentazioni molto basiche, troppo povere per rendere conto della complessità in cui navighi facendo marketing.
Un classico funnel TOFU-MOFU-BOFU non ti serve praticamente a nulla nel mappare i touchpoint con cui l’utente entra in contatto con il brand perché è troppo generico e riduttivo.
Non a caso mamma Google parla di messy middle e di come le customer journey stiano diventando sempre più complesse e sempre più cross canale. Capire quali sono i touchpoint da presidiare, e con che priorità, non è un banale e spesso è un dannato grattacapo.
Ma è la base del nostro lavoro e se vuoi ottenere risultati importanti non puoi esimerti dal farlo.
D’altro canto, non devi nemmeno cadere nella trappola di farti guidare ciecamente dalla mappatura che svilupperai. Come sempre ogni ipotesi va testata e devi mantenere una mente aperta per prendere delle decisioni che siano basate su dati effettivi e non su una rappresentazione fatta a priori.
In parte lo avrai già capito da quanto detto sopra ma i principali benefici di avere una journey map chiara sono tre:
Il customer journey mapping fa parte delle attività base nello studio del target e aggiunge un pezzettino fondamentale rispetto alla classica analisi a livello di messaggi e leve creative da testare.
Vado nel concreto. Lo studio del target dovrebbe portarti ad avere un quadro chiaro dei messaggi migliori da usare a seconda del livello di consapevolezza dell’utente. In questo senso ti viene in aiuto la formalizzazione di Eugene Schwartz di cui avevo parlato in dettaglio già in un altro articolo.
Poni caso di aver quindi abbinato i messaggi giusti ai 5 livelli di consapevolezza possibili del tuo target. Il prossimo passo è abbinare ai messaggi anche i canali migliori dove veicolarli ed è proprio qui che lo studio del percorso del cliente entra in gioco.
Ti consente di abbinare il messaggio giusto al canale migliore.
Per esempio, se in media uno dei primi touchpoint con un pubblico Unaware è YouTube, conviene che i video organici che pubblichi sul canale siano tarati per questo livello di consapevolezza. Viceversa, se sulla Search le ricerche sono molto transazionali le landing a cui puntano gli annunci e i messaggi dei titoli potranno essere molto più spinti verso la conversione.
Si tratta solo di capire, non dico in dettaglio perché appunto la questione è molto messy, il match migliore e sfruttarlo al massimo. Entriamo ora nel come fare tutto questo.
Il primo disclaimer doveroso in questo senso è che gli strumenti a tua disposizione per questo tipo di analisi sono spesso qualitativi più che quantitativi. Avere dei dati precisi a livello di customer journey è un bel casino quindi sono sempre da prendere con le dovute pinze ma possono comunque indicarti la direzione.
Disclaimer a parte, personalmente le basi da cui parto sono quasi sempre 3 (+1):
Vediamo le prime tre e lasciamo da parte un attimo il +1.
Il primo step come sempre è guardarti in casa e partire dai dati che già hai. GA4 ha due analisi che in questo caso sono estremamente utili:
Il primo è un report che ti consente di segmentare i percorsi che gli utenti compiono all’interno del sito a seconda di diversi parametri, tra cui gli UTM.
Intermezzo polemico: se ancora non li usi shame on you, sono FONDAMENTALI e devi metterli a terra il prima possibile se vuoi analizzare correttamente le attività. Per aiutarti ti lascio il link a un UTM builder base che ti può dare una mano. Back to the article.
Crea quindi diversi segmenti a seconda della dimensione “First user source” che ti consente di associare agli utenti la prima sorgente da cui sono atterrati sul sito e analizza il percorso di ogni segmento.
Che pagine visitano in media? Dove abbandonano la navigazione? A seconda della sorgente iniziale la navigazione ha differenze significative?
Dai una risposta a queste domande e passa poi alla seconda analisi che usa un report di canalizzazione per vedere i tassi di abbandono di ogni singolo passaggio a seconda sempre degli stessi segmenti che hai già costruito.
Grazie a questo potrai capire a seconda del canale se il traffico ha già un intent all’acquisto evoluto o se invece è un traffico più freddo che ha bisogno di interazioni successive con il brand per arrivare a convertire.
Una delle attività più sottovalutate anche perché a livello di effort cuba davvero poco ma ha ritorni importanti in termini di conoscenza del percorso dell’utente. Si tratta di un semplicissimo questionario post acquisto dove al nuovo cliente vengono chieste informazioni aggiuntive sulla sua esperienza.
Insomma, hai capito il senso e spero anche il potenziale di riuscire a costruire un minimo di statistica su questo tipo di risposte.
Se scopri, per esempio, che il primo punto di contatto con il brand in media è TikTok ma in proporzione stai investendo ancora poco sul canale, potresti pensare di aumentare progressivamente l’investimento e tarare i messaggi in modo tale che parlino a un pubblico non ancora a conoscenza di chi è la tua azienda e di cosa fate.
In estrema sintesi, devi fare la pettegola e andare a ficcare il naso nelle conversazioni pubbliche e nei contenuti che gli utenti postano su tutte le varie piattaforme per capire che tipo di conversazione occorre in ognuna.
Entra nei gruppi Facebook verticali, cerca hashtag di settore su TikTok, vai sui forum di Reddit, spulcia le domande su Quora, leggi recensioni Amazon e Trustpilot per capire in dettaglio cosa pensa il tuo target e soprattutto in media che tipo di consapevolezza ha su ogni canale.
Non è rocket science, ma se ti serve un aiuto in più in questo senso ti consiglio i libri di Massimo Giacchino che in materia ha fatto scuola. Li ho letti entrambi e sono davvero ottimi per compiere questo tipo di analisi.
Anche qui, non credo ci sia bisogno di dirti perché questo tipo di lavoro è importante, se non fondamentale.
Le soluzioni che ti sto per presentare non si adattano a tutte le dimensioni di business e a livello di costo non sono banali ma per aziende mature che investono cifre importanti in marketing e advertising possono rappresentare un plus importante.
Sono due e fanno cose leggermente diverse:
Per chiarire meglio la prima soluzione, immagina di avere un utente che atterra per la prima volta sul sito da Meta e dopo N giorni torna da Google e converte. Snowplow riesce, tramite l’ID univoco che associa all’utente, a riconciliare queste due azioni e quindi a scrivere su CRM sia la sorgente della prima che dell’ultima interazione.
Capisci bene che in questo caso hai poi la possibilità di mappare in modo molto preciso i vari touchpoint e sessioni che sono occorse prima della conversione. Portando poi dietro questi parametri hai anche la possibilità di analizzare il ciclo di vita del cliente a seconda della provenienza.
Chiaramente non sono tools precisi al 100% ma vanno uno step oltre a quanto è disponibile su GA4 che è ancora bello traballante.
Ora che hai tracciato la tua shopper journey map (massì un altro termine per dire la stessa cosa, perché no?) e compreso meglio i diversi touchpoint non ti resta che ottimizzarli. Nella mia esperienza ti conviene seguire 3 step.
La logica alla base credo sia molto lineare. Dopo l’analisi fatta dovresti aver ben chiaro i diversi percorsi degli utenti. Non ti resta quindi che classificarli in base alla posizione che occupano all’interno della customer journey, analizzarli per identificare i colli di bottiglia e capire su cosa spostare il focus iniziale.
E poi vale come sempre l’antico adagio “non puoi migliorare qualcosa se non la misuri” quindi ti servirà necessariamente avere chiaro cosa tracciare e come.
Dividi i touchpoint della journey map
La classificazione che solitamente utilizzo prevede 5 categorie, per ognuna ti darò qualche esempio concreto per maggior comprensione:
Chiaramente ci sono canali che a seconda del tipo di attività possono occupare più posizioni all’interno della customer journey come spesso accade per Meta o altri social.
Una volta mappati i touchpoint, identificane 1 o 2 per ogni fase su cui concentrare i tuoi sforzi e assegna per ognuno delle metriche da monitorare nel tempo.
E bada che a volte non si tratta di ottimizzare ma proprio di aprire alcuni tocuhpoint che non sono già presidiati.
Il classico esempio riguarda le recensioni. Molto spesso prima di acquistare gli utenti ricercano recensioni sull’azienda o sul prodotto e se non controlli cosa troveranno il rischio è di ridurre le possibilità di conversione.
Quindi, per esempio, potresti stimolare i già clienti a lasciare reviews su Google o Trustpilot e creare una pagina di recensioni sul tuo sito da far rankare a livello SEO per controllare un touchpoint aggiuntivo.
E poi niente, inizi a testare e ripeti il processo. Come sempre nel marketing la base è la stessa: testa, misura, ripeti.
Breve recappozzo per i più pigri che cercano solo gli highlights. Il customer journey mapping è un’analisi fondamentale per poter ottimizzare i canali di comunicazione ed essere sicuri di presidiare i touchpoint principali della relazione con il cliente.
Per costruirla al meglio serve:
Una volta fatto devi assegnare ogni touchpoint a una categoria e strutturare un piano di misurazione efficace. In base alle priorità andrai poi a testare e iterare il processo.
Direi che anche per questo giovedì è tutto. Se hai dubbi o domande scrivimi, mi farà piacere aiutarti!
Sei arrivato fin qui quindi probabilmente questi argomenti ti interessano. Per non perdere nessun articolo puoi iscriverti gratis alla newsletter che trovi qui sotto.
In ogni caso, alla prossima!
Copyright © Paolo Galoppo. All Rights Reserved.
Designed by Eye Studios